Cosa diresti se ti venissero a raccontare che le imprese italiane perdono 3,6 miliardi di euro ogni anno a causa di una scarsa cultura digitale? Il dato è certo e ha un nome tremendo “spread digitale”. Gli italiani sono tra i meno connessi in Europa e ben al di sotto della media comunitaria per l’utilizzo di internet e le conoscenze informatiche.
Il conteggio è stato fatto dal Censis che nel 2014 ha calcolato l’impatto negativo sull’economia italiana causato da infrastrutture internet carenti in termini di fibra ottica e banda larga, uso limitato della moneta elettronica e di sistemi e-commerce sia B2C che B2B, organizzazione irrazionale delle banche dati della pubblica amministrazione.
A sentire il centro ricerche basterebbe raggiungere i livelli medi europei per recuperare quasi 10 milioni di euro al giorno, perché la competitività del nostro Made in Italy passa anche da questo.
Davanti a notizie simili c’è solo da rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Cosa significa nel concreto migliorare la cultura digitale delle imprese?
La cultura digitale non è fatta di concetti astratti e buoni propositi da piano marketing di inizio anno. È qualcosa da usare perché serve a migliorare la quantità e la qualità del lavoro che facciamo ogni giorno. Serve a liberare tempo per fare formazione, per innovare prodotti e servizi, per fare più cose.
Immaginiamo che due uffici di una stessa azienda abbiano difficoltà a scambiarsi documenti perché realizzati con programmi differenti o con versioni tra loro non compatibili.
Nell’era del Cloud Computing e di Microsoft 10 questo è spread digitale!
Oppure pensiamo alle schede di un e-commerce progettate, scritte e magari tradotte con Google Translate dalla risorsa in stage alla prima esperienza di lavoro.
Tu lasceresti il tuo negozio in mano ad un commesso appena assunto a cui nessuno ha spiegato dove è atterrato?
Questo succede ogni giorno perché tante PMI considerano l’e-commerce un canale marginale del proprio processo di vendita non valutando che può rappresentare uno sbocco fondamentale nei mercati esteri e che l’e-commerce B2B vale il doppio dell’e-commerce B2C.
Una bella opportunità per le imprese manifatturiere che gestiscono l’e-commerce con un approccio strategico e con le giuste professionalità.
Cosa possiamo fare nella nostra azienda
Per migliorare la cultura digitale della nostra azienda non c’è una ricetta unica da seguire e non basta nemmeno dire ho il sito e gli account social per sentirsi a posto.
Cultura digitale significa prendersi cura del cambiamento, significa non seguire le mode, perché così fan tutti, ma servirsene per realizzare i propri obiettivi e darsi un futuro.
La prima azione è senza dubbio il check up degli strumenti e dei programmi che stiamo usando:
- Sono adeguati al carico di lavoro quotidiano?
- Le persone possono scambiarsi documenti e informazioni con procedure semplici, veloci senza doversi scusare con improbabili “Dobbiamo fare per forza così perché … ora è troppo lungo da spiegare”
- Sappiamo sfruttare a pieno il potenziale degli strumenti oppure possiamo imparare ad usarli in maniera più produttiva?

Il coinvolgimento dei colleghi è fondamentale non solo per fotografare la nostra situazione, ma anche per rilevare bisogni latenti e fattori di miglioramento.
L’altra faccia della medaglia digitale della nostra impresa raffigura gli strumenti di comunicazione che utilizziamo per presentarci, far conoscere i nostri prodotti e servizi, per stare vicino ai nostri clienti, fare “intelligence” e scovare nuovi mercati. Ecco alcune domande che possono aiutarci ad analizzare la nostra situazione di partenza con obiettività.
- Ho un sito internet: come sto attirando traffico qualificato verso i miei prodotti e servizi?
- Ho aperto un e-commerce: sto offrendo un’esperienza di acquisto soddisfacente?
- Sono attivo in rete con degli account social: sto generando contenuti di valore per i miei clienti, oppure sto parlando solo di me stesso?
- Monitoraggio e analisi: sto raccogliendo i feedback degli utenti e monitorando il mio traffico web? Se sì, ho le competenze che servono per interpretare i dati?
La formazione è un aspetto fondamentale di questo processo: lo sapevi, per esempio, che i cinque profili più richiesti su LinkedIn non esistevano appena cinque anni fa? Non stupisce che siano nate nuove professionalità legate alla programmazione di app per smartphone e al web marketing che richiede una manutenzione continua delle conoscenze.
Se decidiamo di non fare tutto da soli:
Cosa chiedere al consulente o allo studio di comunicazione?
Qui la risposta deve essere data in prima persona perché, come professionisti della comunicazione, anche noi abbiamo la nostra parte di responsabilità nella promozione della cultura digitale.
A noi sta avere pazienza e gentilezza nel promuovere il cambiamento.
A noi sta spiegare senza scorciatoie come si evolvono le regole del gioco.
A noi sta formare i nostri clienti migliorando i risultati e il modo di lavorare.
Guai a chi si sente arrivato, qui ogni giorno abbiamo tutti una lezione da imparare!